
Vorrei armare e far rivivere plasticamente la rivoluzione, la sua ombra, gli uomini, le tensioni, le sue apparenze e i segreti; i documenti che la riguardano (veri e inventati), il tutto racchiuso in una nave con molte stanze e percorsi, evidenti e a sorpresa. Ho sempre pensato le energie e le decadenze, i mille accadimenti della storia, racchiusi in spazi geometrici (tali sono i paesi, le menti umane, i destini). Vorrei perciò realizzare in scultura l’immagine della rivoluzione, e delle infinite “rivoluzioni” che la generano, all’interno d’una geometria ( e delle sue amplificazioni) che implichi l’idea del viaggio, dell’avventura. Rappresenterò la nave con grandi assi di acciaio (strutture che la sintetizzino e insieme linee di energia): all’interno le stanze dovranno concatenarsi e contenere uomini e fatti (fatti noti, altri inventati: ma sempre col fine che meglio si possano decifrare verità ed enigmi). Costruirò un grande “castello”, sorprendente per la sua estrema apparenza e da scoprire con una visita nel suo interno. Su un tavolo Robespierre è stato ferito e degradato (senza più la forza della parola) in balia degli avversari, delle loro armi, sguardi, fiati e sudori. Altrove incontreremo Danton: siede (al momento sereno) sorridente, intessendo pericolosi percorsi. Dietro di lui, potremmo aprire la porta che conduce al suo salottino segreto ricco di piacevolezze da collezionista; gioie, una raccolta di stampe e disegni pornografici, e in più vedremo armadi, vetrine con documenti scritti (veri i più, altri da me inventati: con l’irriverenza di chi ha l’immaginazione che li consente di dire che c’era. Infatti c’ero.) In altre stanze, evidente, incontreremo il re Luigi XVI.

Lo rappresenterò molte volte: quando Robespierre studente gli porge il saluto del suo collegio e Luigi ascolta seduto in carrozza rosicchiando una coscia di pollo: e in altri momenti: nei suoi tumultuosi e non amputati rapporti con l’aristocrazia: e ancora: l’abito suo, da Re, le paure, le umiliate resistenze e le penitenze; e poi: i suoi innocenti piaceri i re: la meccanica, gli spettacoli (la lettere scritta al boia per congratularsi del magnifico lavoro eseguito nella tortura e nell’esecuzione d’un condannato). Farò popolo che calpesta e uccide la grande maschera del potere, vedrò popolani a terra, assembrati, in attesa del più straordinario evento d’ogni tempo: un capovolgimento di rapporti di proprietà di una potestà assoluta; attendono, con la nobile bassezza dell’impudenza plebea, il coraggio e la paura. Farò il clero (il basso clero attratto dalla rivoluzione, e l’altro, quello ostile). Userò sculture di legno, di resina e di ferro; userò dipinti e disegni, e cose scritte; percorsi, ambienti chiusi ma che possano evocare dimensioni atemporali. Consulterò storici, copierò documenti, inventerò. Metterò e unirò cose avverse: amore e irriverenza, gestualità , e sobrie apparenze; cose “dette” ed altre esistenziate. Pur non essendo un codardo, tale progetto chiede incoraggiamenti; e molta forza. Spero che nulla di questo mi manchi.
con amicizia vostro Ugo Attardi
maggio 1987